Il peggior papà è il mammo
Una volta ne esistevano rari esemplari. I padri erano rocce. Facce bruciate dal sole, rughe grosse come i solchi dei sentieri. Mani da sollevatori di pesi massimi, poche parole, tanti muscoli.
Da qualche tempo, invece, questi mammi arrivano al Parco (uso il Parco come contenitore) bianchi in viso, con le manine da impiegati, i pantaloni con la piega, la camicia con i gemelli d’oro…
Senza pancia, perché la pancia fa vecchiaia…
Solita carrozzina, piena di pannolini, biscottini, biberon, musichette e disperso, quasi sepolto tra le cose, il Cicciobello, paffuto e menefreghista.
I mammi sono giocherelloni, non leggono i giornali, non bevono il thé. Parlano, borbottando, balbettando, guttureggiano, smorfeggiano, fanno occhiacci, boccacce… e al cicciobello non gliene frega niente, aspetta i biscottini….
Il mammo suda, rosso in faccia, con le guance gonfie smorfie a milioni. D’altra parte il mammo ha imparato solo quella partitina lì: cioè la farsa.
Mi fanno ridere, quando, sempre i mammi, passano, a tentativi diversi.
Ad esempio quando raccontano la facola, al pupo tra i sei e i nove mesi. Hanno letto da qualche parte, cioè non hanno proprio letto ma l’hanno sentito. Perché i mammi di solito o sono ignoranti o tre volte laureati.
Se sono ignoranti non leggono, se sono plurilaureati visitano siti e palpeggiano i tablet.
Qualcuno ha detto loro che, perfino nella pancia della mamma i bambini ascoltano le favole.
Non si sa perché, ma poiché lo dice Crepet è vero. Se sapessero parlare, ancora con il filo ombelicale, nudi e sporchi ti racconterebbero “Biancaneve e i sette nani”.