Milo Infante

blog personale

La mia vita

La mia vita comincia alle 3 del mattino del 5 luglio 1968, in una Milano che tenta di dormire alle prese con i primi effetti della calura estiva. Secondo la  versione di mia madre (ovviamente un po’di parte ma mai completamente smentita) mio padre quella notte era tra i pochi fortunati che riuscivano a riposare tranquillamente nel loro letto mentre io, dopo un travaglio piuttosto lungo e faticoso,  facevo la mia neanche troppo timida comparsa in una camera dell’ospedale La Madonnina. Se c’era una cosa infatti che di sicuro non mi mancava  erano buoni polmoni e la voglia di dire la mia anche a costo di mettere alla prova la pazienza di tutti. Un vizio che di sicuro mi è rimasto.

A quel tempo vivevamo in un piccolo appartamento in via  Rovereto, periferia nord est di Milano, una traversa di Viale Monza, la lunga strada dritta e costeggiata da palazzoni che da un luogo simbolo di Milano, piazzale Loreto, porta fino nel cuore di Sesto San Giovanni, a quell’epoca “Stalingrado d’Italia”, con le sue immense fabbriche che negli anni della mia infanzia ho visto lentamente chiudere e  trasformarsi in sterminate aree degradate. Visto molto da vicino, direi, dal momento che pochi mesi dopo la mia nascita non so se a causa dei miei polmoni e di vicini poco tolleranti o delle difficoltà economiche che i miei genitori stavano attraversando, ci siamo trasferiti in un appartamento altrettanto piccolo (non superava i 70 metri quadrati) in viale Monza 325, a pochi passi dal confine con Sesto dove sono cresciuto e ho mosso i primi passi di bimbo e, molti anni dopo, professionali.

Papà Massimo e mamma Carla  si erano trasferiti da poco da Trento, in cerca di una nuova vita dopo che quella che avevano vissuto fino a quel momento era stata mandata all’aria da un amico disonesto che aveva approfittato della fiducia che mio padre riponeva in lui lasciandoli praticamente senza un soldo, costretti a ripartire da zero tra mille difficoltà che potete ben immaginare. Nella sfortuna Massimo trovò in Nino Nutrizio e nel suo quotidiano del pomeriggio La Notte  un’occasione per ricominciare,  in una grande città alle prese con il ’68 e gli anni di piombo. Anni difficili e pericolosi in cui però se avevi voglia di lavorare e di rischiare un grande direttore come Nutrizio sapeva certo come motivarti e  ricompensarti.  Soleva dire, Nutrizio, parlando dei suoi giornalisti: “Coi redattori della “Notte” si possono fare cinque grandi settimanali, mentre coi redattori di cinque grandi settimanali non si potrebbe fare la Notte”. Spiegava:“Perché
i redattori dei grandi settimanali si sentono tutti professionisti. Nessuno di loro accetterebbe di fare il giro telefonico degli ospedali,di andare ai commissariati, di faticare, di faticare”. 
Se penso ai direttori che ho incontrato in questi anni di lavoro…  Meglio non pensarci.

 

Con mamma Carla nel 1972

Con mamma Carla nel 1972

Di quei primi anni non ho molti ricordi, e quelli che ho sono per lo più legati  a quella memoria di bambino che inspiegabilmente raccoglie immagini almeno in apparenza poco importanti e ne cancella altre (forse) più importanti. Questo perché (ed è uno dei più grandi rimpianti della mia vita)  ho commesso un errore comune a molti giovani, ossia quello di aver creduto i miei genitori immuni alla morte e di non averli spesso ascoltati, a volte con i loro consigli che mi avrebbero evitato cocenti sconfitte, altre volte non prestando attenzione ai loro racconti.  [continua prossimamente….]