Milo Infante

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Il fatto del giorno

In Italia nessuno vorrebbe pagare le tasse Il bello è che in molti ci riescono!

In Italia nessuno vorrebbe pagare le tasse, come peraltro nel resto del mondo. La differenza fondamentale, proprio con il resto del mondo, è che in Italia basta essere un po’ furbi per riuscirci. E il nostro Paese, si sa, difetta di tutto tranne che di furbi. Ed ecco quindi che possiamo vantare, a fronte di una pressione fiscale che non ha eguali in Europa, anche il non invidiabile record degli evasori fiscali. Spesso totali, ossia gente che non paga di tasse una lira in Italia semplicemente perché non le ha mai pagate e quindi sfugge agli 007 dell’Agenzia delle Entrate, più spesso evasori “parziali” ossia tutti quelli che, provando una vera e propria idiosincrasia per le fatture e gli scontrini fiscali appena può evitarli lo fa.

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Nella prima categoria, se vogliamo, possiamo farci rientrare anche tutti quegli imprenditori che, vuoi per la residenza all’estero, vuoi perché la sede fiscale della loro società è posta in uno di quei famosi “paradisi fiscali” evitano il fisco italiano.

Nella seconda, invece, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta.

La ghiotta occasione per farci due risate ce la offre la consueta classifica delle categorie e di quanto dichiarano in media fornita dal Ministero dell’Economia.

Partiamo dall’unico dato certo e incontrovertibile: il lavoratore dipendente (probabilmente suo malgrado) dichiara in media 20mila euro lordi l’anno. Come ben sapete la trattenuta fiscale opera in automatico, ossia lo Stato la preleva direttamente dalla busta paga. Possibilità di evadere: nessuna. Possibilità di scaricare le spese sostenute: nessuna. Se ti si rompe la lavatrice, peggio per te. Se ti si spacca la macchina, peggio per te. Se i tuoi figli hanno bisogno dell’apparecchio, peggio per te. Se per disgrazia devi andare dal parrucchiere per una permanente il 21% (tra poco 22) di quanto paghi  spetta di diritto allo Stato. Le scarpe nuove e la catenina per la comunione non sfuggono certo a questa regola, il prezzo finale è sempre “Iva Inclusa”.  O almeno così vorrebbe lo Stato. La realtà, infatti, è ben diversa. Hai voglia infatti di cercare di combattere l’evasione instillando sensi di colpa nei cittadini, realizzando spot in cui l’evasore appare brutto, con la barba sfatta, e preceduto da parassiti intestinali e zecche: sono ormai cinquant’anni che parrucchieri, idraulici, imbianchini, orafi, medici, notai e commercialisti hanno sviluppato tecniche persuasive che al confronto il canto delle sirene di Ulisse è un disco di Carla Bruni (ossia orribile, provare per credere). Il cliente, poi, dal canto suo  è molto propenso a cedere alla tentazione.

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La scenetta è più o meno sempre la stessa: si entra in un negozio o ci si avvale dell’opera di un artigiano o di un professionista, e al momento del conto ecco che inevitabilmente scatta l’italianissima richiesta dello “sconticino”, a fronte della quale ci viene immediatamente offerto il prezzo decurtato dell’Iva, molto conveniente soprattutto per chi lo pratica, dal momento che se per voi il risparmio è del 21% per il commerciante (o il professionista) si traduce in un incasso “in nero”, quindi niente tasse e imposte dirette o indirette.  Tanto il rischio di essere beccati, a meno di una  botta di sfortuna, è davvero irrisorio. E nel peggiore dei casi c’è sempre un condono pronto a venire in soccorso dell’evasore. Per molti correre il rischio vale davvero la pena: e a correrlo, sono davvero in molti. Facciamo qualche esempio.

Forse non tutti sanno che il  nostro Paese annovera, nella categoria di coloro che vivono sotto la soglia di povertà, fissata in 1011 euro netti  al mese per una famiglia di due persone, categorie di lavoratori autonomi che all’estero stranamente se la cavano molto meglio. E’ il caso dei proprietari di negozi di vestiti e scarpe, che dichiarano 6500 euro lordi all’anno, e quelli degli istituti di bellezza che ne dichiarano 7.200. Per non parlare di quei veri e propri mecenati delle arti e della musica, quei filantropi del divertimento, quei mecenati dell’intrattenimento che hanno avuto la sfortuna di dedicare la loro vita all’altrui divertimento: i proprietari di night club e discoteche che dichiarano perdite ogni anno per 1400 euro. Se fossimo un Paese serio (e ovviamente non lo siamo) di fronte ad un dato del genere la Guardia di Finanza dovrebbe impiegare i prossimi sei mesi a verificare gli incassi dell’industria del divertimento, giusto per non farsi prendere per il culo e dover pure ringraziare.

Ma vabbé, passiamo oltre, perché le sorprese non finiscono certo qui. Si disperano i parrucchieri (13mila euro, meno dello stipendio di una shampista, i titolari di autosalone (di poco sopra i 10mila) i tassisti con 15.600 e macellai e gioiellieri divisi da poche centinaia di euro con un reddito di 17mila euro circa.

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In vetta alla classifica i Notai con 315mila euro seguiti dai farmacisti con 103.400 che staccano di molto gli avvocati (58.700) e gli architetti, 29mila euro. Colpisce, con riferimento proprio a questa categoria professionale, che subito dopo di loro ci siano gli imbianchini e i muratori con 23.500 euro all’anno: chissà quanti architetti si sono pentiti di gettato via anni sui libri invece di imparare a usare il pennello, dal momento che il guadagno è pressoché identico.

Battutacce a parte non occorre essere un genio della finanza o uno 007 del fisco per capire che da noi i conti non tornano per niente.

Credere a queste statistiche, pensare che questi numeri siano realistici è un vero e proprio minsulto all’intelligenza. Ma forse lo è ancora di più pensare che il nostro sistema fiscale possa andare avanti ancora per molto così. Un sistema che strangola le imprese, riduce il potere di acquisto delle famiglie, incentiva l’evasione diretta e indiretta, non tiene minimamente conto delle reali spese che una famiglia sostiene e di conseguenza finisce con il penalizzare proprio chi si trova in difficoltà.

Il sistema fiscale deve cambiare radicalmente, seguendo l’esempio di altri Paesi dove le tasse sono pagate in proporzione non solo a quello che si è guadagno ma anche a quello che si è speso. Dove chi evade finisce in galera finché non ha restituito tutto il maltolto, ma a chi ha sbagliato è data la possibilità di rimediare senza infierire in modo spietato e sproporzionato come oggi grazie ad Equitalia accade. Dove alle imprese e ai liberi professionisti viene consentito di scaricare tutto quello che spendono per produrre reddito ma non un euro in più, dove barche e aerei privati vengono considerati un lusso e non una “spesa di rappresentanza” da intestare a società di comodo…

Solo quando questa rivoluzione verrà realizzata si potrà sperare in un fisco più equo. Una volta si diceva “Meno tasse per tutti”. Oggi forse dovremmo dire “Più tasse per qualcuno”

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