Milo Infante

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Il fatto del giorno

Uccise un vigile a Milano Per i giudici merita le attenuanti Pena dimezzata al rom

La vita dell’agente della polizia municipale di Milano Nicola Savarino, 42 anni appena,  finisce il 12 gennaio del 2012. L’agente quella mattina era in servizio in piazza Bausan, periferia ovest di Milano, uno dei tanti quartieri in cui i tentativi di recupero si perdono in mezzo a case e vie dove il degrado sembra essere riuscito a fondersi con il cemento e l’asfalto. Doveva essere un servizio di routine, qualche multa per divieto di sosta, due chiacchiere con gli anziani del centro sociale, tanto per non farli sentire completamente soli  e magari tenerli almeno per un po’ al  riparo dai borseggiatori che aspettano il momento giusto per entrare in azione o i truffatori sempre in cerca di una vittima.

Nicola Savarino e la sua bicicletta da “ghisa” le strade della Bovisa le conoscevano bene, ma non potevano certo prevedere che proprio su quelle strade avrebbero incontrato un ragazzino rom con alle spalle più reati che anni di vita, tale Remi Nikolic, alla guida di un fuoristrada intestato alla solita italianissima prestanome.

Guidava come al solito come un pazzo quel giorno,  Remi Nikolic, con la solita certezza che qualunque cosa facesse nessuno sarebbe mai risalito a lui, forte di centinaia di  multe arretrate e di violazioni al codice della strada mai contestati. Guida come un pazzo  e quasi investe un anziano pedone in via Varè, proprio dove si trovano Nicola Savarino e la sua bicicletta. “Questo è un pericolo per tutti” deve aver pensato l’agente della polizia municipale Nicola Savarino, intimando “l’alt” al suv, fermo con la paletta in mano  come aveva fatto centinaia di altre volte in passato. “Chissenefrega, togliti o ti stendo”, deve aver invece pensato il giovane rom, e così ha fatto, puntando dritto contro il vigile, investendolo e trascinandolo per più di 200 metri, straziandone il corpo senza lasciargli nessuna possibilità di sopravvivere all’impatto.

Per tre giorni i colleghi di Nicola hanno cercato il guidatore del suv e alla fine l’hanno identificato tra i mille “alias” che utilizzava e trovato un Ungheria. Credono che abbia 24 anni  e che si chiami Goico Jovanovic. Devono passare altri due mesi prima di scoprire che in realtà il ragazzo si chiama

Remi Nikolic ed è  nato il 15 maggio del ’94 in un carcere parigino, dove era detenuta la madre.

Competente a giudicarlo, a questo punto, è il Tribunale per i minori, dove la pubblica accusa chiede 26 anni di reclusione, senza la concessione di nessuna attenuante. Omicidio volontario, punto e basta, portato a termine con fredda determinazione.

Ma i giudici non la pensano così. Remi Nikolic merita le attenuanti generiche. Il ragazzo è prima di tutto vittima della sua famiglia, cresciuto in un contesto sociale dove delinquere è normale. In fondo, non è tutta colpa sua se è cresciuto così, se non ha fatto neanche un giorno di scuola, se nessuno gli ha insegnato la differenza tra vivere onestamente e uccidere.

Risultato: pena dimezzata. Quindi anni di reclusione, ma la partita non è ancora finita. Tra 5 o 6 anni al massimo, sentiremo ancora parlare di lui. Sono pronto a scommetterci

l'analisi

Avere fiducia nella giustizia è sempre più difficile. Il rom minorenne che ha ucciso l'agente Savarino è sicuramente vittima a sua volta di un contesto culturale fatto di violenze, soprusi e illegalità. A questo ragazzo non c'è dubbio che la famiglia abbia insegnato solo la legge della giungla, a rubare e a delinquere. Ma è altrettanto vero che la giustizia dovrebbe pensare, di tanto in tanto, anche alle vittime. A chi, come Nicola Savarino, è stato ucciso mentre cercava di proteggere gli abitanti del quartiere dove prestava servizio. La morte non ti concede attenuanti, non guarda in faccia quanti anni hai, se lasci moglie e figli piccoli. Ti porta via, punto e basta. Così è la vita, nessuno purtroppo può farci niente. Ai giudici non si chiede certo vendetta. Ma almeno giustizia, quella sì. Senza se, e senza ma, e soprattutto senza attenunanti che rimettano in libertà prima del tempo chi si è macchiato di crimini terribili.

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